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Ico – Playstation 2

Poesia videoludica

Una colonna sonora pazzesca, una storia struggente, oscura e magica, due personaggi indimenticabili e una poesia totale che aleggia in ogni singola scena, ogni singolo dettaglio. Tutto questo è Ico, capolavoro assoluto dell’epoca Playstation 2, un gioco capace di spingere il media a un livello impensabile. Un titolo a cui si perdona ogni sbavatura, un sistema di controllo a volte ostico, una telecamera ballerina e una certa legnosità del gameplay. Perché Ico non può essere considerato solo un videogioco, è una esperienza di vita che ci resterà addosso per sempre.

Nel classico stile narrativo di Ueda, il giocatore si trova imprigionato in un castello in rovina, nei panni di un bambino con le corna, scopriremo presto di non essere soli nella prigione. C’è anche una strana ragazzina, pallida e apparentemente braccata da misteriose ombre dalla quale dovremo proteggerla.

Ha inizio così un viaggio indimenticabile che racconta una storia di amicizia, mista all’orrore e al mistero di forze che sembrano incarnare i protagonisti. I due bambini, sempre che bambini siano si trovano coinvolti in qualcosa di enorme, reietti braccati da forze oscure e dagli abitanti di questo squarcio di mondo che Ueda ci offre.

 

Un capolavoro senza tempo

Ico è un gioco di cui non è facile parlare. Si tratta di fatto di un puzzle game con una forte esplorazione e qualche fase action a platform. La grafica non impeccabile, prende vita grazie a una direzione artistica eccezionale, che rende il gioco godibilissimo su Playstation 2, dove il vecchio stile e le caratteristiche della macchina sembrano arricchirlo anche in confronto della remaster PS3.

Ico è un gioco a volte frustrante, a volte lento e in certi momenti addirittura noioso. Un prodotto però che una volta completato vi lascerà davvero qualcosa, un ricordo, una serie di immagini, e una valanga di idee e pensieri nel tentativo di comprendere quel linguaggio simbolico e criptico che Ueda ha trasformato in un marchio di stile.

 

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