Turtles in Time aveva il difficile compito di confermare l’enorme successo del primo picchiaduro arcade dedicato alle tartarughe ninja, ma riuscì a centrare quasi perfettamente l’obiettivo. Konami riprese lo schema di gioco dell’originale e ovviamente gli stessi protagonisti, cambiando lo stile grafico, l’ambientazione e la parte tecnica. Il risultato fu uno dei maggiori successi di inizio anni’90 per la casa giapponese.
Come l’illustre predecessore, veniva distribuito nella versione a due o quattro giocatori ed era un classico picchiaduro a scorrimento con una grafica in stile cartone animato. Rispetto all’originale spiccava soprattutto il diverso design della grafica, più colorata e meglio animata nonché perfettamente accompagnata dalla parte sonora. Quest’ultima univa alle molte musiche orecchiabili parecchi campionamenti vocali a cominciare da una vera e propria sigla.
Appena acceso il cabinato, o lasciandolo in stand by, partiva una canzone in inglese diventata il simbolo stesso di Turtles in Time. Il breve pezzo cantato era l’avvio perfetto per un titolo che faceva dello stile tipicamente USA la propria bandiera. La buona notizia è che, una volta iniziato a giocare, anche le altre caratteristiche tenevano testa all’ottimo comparto sonoro.
Il maggior pregio di Turtles in Time era nei comandi veloci, precisi e semplici da imparare perché ereditati in gran parte dal predecessore. Pochi secondi bastavano per tornare nei panni, o nei gusci, delle tartarughe ninja di nuovo impegnate contro Shredder e company per salvare New York. Addirittura, stavolta dovevamo recuperare la Statua della Libertà, rubata durante l’ottima introduzione in stile cartone animato.
L’unico, grosso, problema del titolo Konami era la difficoltà esagerata (già nei primi livelli) e la propensione a spillare crediti senza ritegno. Perdere vite era una costante così come il dover riempire di monetine l’affamato coin-op e a poco serviva imparare bene le mosse o il comportamento dei nemici. I boss, soprattutto, andavano affrontati quasi a testa bassa sperando in qualche colpo di fortuna.
Ma il gameplay molto immediato, l’ottima realizzazione e la simpatia intramontabile dei Turtles ne fecero comunque uno dei giochi più apprezzati di quel periodo. E uno dei più sfruttati, perché tornò sulle console casalinghe e più recentemente con un (mediocre) remake. Inutile dire che il coin-op, soprattutto per le animazioni e gli effetti speciali, resta il modo migliore per giocare Turtles in Time.