Tra i tanti cloni di Street Fighter II usciti negli anni ’90 ci fu persino l’adattamento di Dragon Ball Z, celebre serie firmata Akira Toriyama seguita tuttora da milioni di fan. L’elemento comune delle sue versioni interattive, nonostante i molti anni trascorsi, e che restano quasi sempre sotto la qualità dell’opera originale. Anche il picchiaduro firmato Bandai, uscito in sala giochi nel 1993, rispettava questa regola.
A parte il cast di personaggi selezionabili, e quindi l’aspetto tipico da cartone animato, l’unica differenza rispetto agli altri picchiaduro era nella possibilità di volare. In qualsiasi momento, i lottatori potevano (e dovevano) spostare il combattimento a mezz’aria usando anche i loro celebri colpi a energia. Peccato che tutto questo non cambiava la questione di fondo: Dragon Ball Z era ben poco divertente da giocare.
Ciò avveniva per un motivo di base: lo scarso numero di mosse e i comandi perennemente in ritardo. Dopo che Street Fighter II aveva reso popolari le combinazioni di colpi, vedere una simile lentezza nell’esecuzione degli attacchi risultava sconfortante. Soprattutto perché la serie originale conta spesso sulla rapidità e sui colpi di scena per mantenere l’interesse dello spettatore.
Invece, i combattimenti di Dragon Ball Z risultavano spesso noiosi e fin troppo caotici, soprattutto quando i due lottatori erano a distanza ravvicinata. Vincere era un evento fin troppo casuale, indipendentemente dal personaggio selezionato. E non c’era nemmeno molta varietà: i classici otto lottatori e le ambientazioni più celebri viste nella serie TV. Queste ultime si potevano anche distruggere parzialmente, un’ottima idea per quel periodo.
Malgrado i chiari limiti nel gameplay, e il fatto che venne distribuito solo in Giappone (ma circolavano vari bootleg dalle nostre parti) ottenne un discreto successo. Merito, ovviamente, dell’enorme popolarità della serie animata che faceva, e fa, vendere qualsiasi cosa abbia il marchio Dragon Ball. Visto oggi, conferma la sua natura assolutamente commerciale e la povertà di contenuti rispetto a molti altri picchiaduro.