Assalto alla città
Uno dei principali problemi del Sega Master System è quella generale sciattezza dei suoi titoli a partire dalle confezioni. Per quanto capace di regalare grandi momenti la prima Consolle Sega non è mai riuscita a ottenere un’identità forte, a causa anche delle orribili confezioni dei giochi e della loro scarsa direzione artistica.
Assault City è uno di 
questi casi, una sorta di rivisitazione di Terminator in chiave anime, forte di un gameplay da shooter arcade ma debolissimo per quanto riguarda stile e personalità.
Ci ritroviamo così a combattere contro una forza robotica malvagia sparando all’impazzata contro tutto ciò che ci muove, il problema di fondo è però quello di trovarci di fronte a ondate che sembrano arrivare da una serie di titoli a caso. Non si percepisce una coerenza generale, il mondo di gioco rimane vago e ci ritroviamo così mossi solo dai riflessi senza un vero senso di immersione che un titolo di questo genere dovrebbe generare.
Sparare e poi ancora sparare
Assault City è un titolo dedicato al light phaser, elemento che trasformava la propria casa in una sala giochi,il titolo si può difendere data la sua uscita nel 1990, e il timido tentativo di creare un plot e un mondo, tentativo però fallito. Di fatto ci troviamo di fronte a un mero pretesto per utilizzare la leggendaria pistola del Sega Master Sytem, e poco di più, qualcosa alla stregua degli squallidi giochi per nunchuck della Wii o per i recenti titoli dedicati ai sensori di movimento Switch, dimenticabili e già dimenticati.
Che dire, un gioco per nostalgici e per collezionisti, un titolo che può aver divertito qualcuno di noi, magari in tenera età, magari esaltato dalla possibilità di sparare contro lo schermo, ma un gioco che non regge assolutamente il passare degli anni e che rimane solo un vago ricordo del passato.
