Chi ha provato la versione R360 di G-Loc può dire di aver vissuto una delle esperienze più spettacolari offerte dalle sale giochi di un tempo. Ancora oggi, e lo vedete nella foto sottostante, il cabinato fa impressione per la capacità di metterci completamente a testa in giù. Sega, ancora una volta, si era superata nel progettare un coin-op che era migliore perfino di quanto si trovasse nei Luna Park.
Uscito nel 1990, G-Loc rappresenta il seguito non ufficiale di After Burner: identica la casa produttrice, l’ambientazione, il team di sviluppo e così via. Probabilmente, Sega non aveva piena fiducia nelle qualità del gioco e scelse un altro titolo, una decisione che alla lunga si è rivelata corretta. Pur essendo notevole graficamente, era troppo complicato e ripetitivo risultando inferiore allo stesso After Burner.
Questa volta, l’inquadratura era quasi sempre dall’interno del velivolo salvo spostamenti all’esterno per sfuggire dai missili e altre situazioni particolari. Era chiaro si volesse dare una maggiore impressione di realismo, sottolineata dai vari tipi di controllo e dalla presenza di tre livelli di difficoltà. Ognuno determinava un diverso percorso all’interno del gioco, oltre a ridurre o aumentare il numero di comandi.
Gli stessi comandi, suddivisi per fuoco e motori, erano il primo ostacolo al divertimento presente in G-Loc. Il secondo arrivava dall’azione spesso confusa e dalla difficoltà sbilanciata. Spesso, si faceva fatica a decifrare cosa avvenisse su schermo per i repentini cambi di inquadratura. La pratica faceva miracoli, come sempre, ma non erano molti quelli diposti a spendere decine di gettoni per questo motivo.
Grazie al cabinato, alla popolarità dei film con aerei e alla casa di produzione G-Loc fu comunque un discreto successo. Dopo l’esordio in sala giochi, arrivò sui principali formati dell’epoca ma nessuno, ovviamente, poteva competere con la versione arcade. Ancora una volta, Sega aveva realizzato un titolo così dipendente dal cabinato da non poterne fare a meno. Senza sedile o cloche, tutti i limiti del gioco venivano fuori: ed erano tanti…