Nosferatu rappresenta uno dei titoli meno conosciuti del Super Nintendo e non è, come si potrebbe pensare, l’ennesimo clone di Castlevania. Con la celebre serie di Konami, aveva in comune solo l’ambientazione horror e l’inquadratura laterale, ma tutto il resto cambiava profondamente. Il gioco firmato Seta risultava più simile a Prince of Persia nella presenza costante di trappole, nelle animazioni molto curate e nelle atmosfere fantasy.
La trama era un classico dei videogame e non potrebbe essere altrimenti, dato che uscì nel 1994. Nosferatu, terribile vampiro, aveva rapito la nostra ragazza e dovevamo fare di tutto per recuperarla, perfino prendere a pugni demoni e zombi. Non è una battuta: invece di usare spade, fruste o altre armi c’erano i classici calci e pugni con tanto di combinazioni. Ciò abbassava di parecchio l’atmosfera, perché i cazzotti tirati agli zombi fanno sempre sorridere.
Al di là delle scelte discutibili nel sistema di combattimento, gran parte delle meccaniche funzionava bene e la parte tecnica era altrettanto curata. I livelli offrivano anche una discreta libertà d’azione, con stanze segrete e bonus nascosti, nonché svariati colpi di scena. Era frequente venire assaliti dai nemici e doversi difendere rapidamente, o finire in qualche marchingegno nascosto nel fondale. Ciò alzava troppo la difficoltà e creava qualche fastidio di troppo, accentuato dal limite di tempo.
Anche il sonoro, con una buona serie di musiche piuttosto curate, avvicinava questa produzione a nomi molto più famosi benché non abbia mai goduto di alcuna popolarità. Come detto all’inizio, in pochi ricordano l’esistenza di Nosferatu, per una varietà di motivi. Questi vanno dal titolo infelice al fatto che il genere horror non fosse molto seguito. I platform game erano dominati all’epoca dalle mascotte, Mario e Sonic su tutti.
In ogni caso, resta un simpatico diversivo per gli amanti di Prince of Persia con un’introduzione “quasi filmata” degna di un gioco moderno. Evidentemente, gli sviluppatori ci credevano davvero, nella possibilità di realizzare un gioco che potesse conquistare gli utenti del Super Nintendo. Invece non fu così, benché sia stato riscoperto e apprezzato da molti intenditori dell’era 16 bit.