Il ritorno di un cult
Arriva finalmente su Nintendo Switch una della remaster più attese di questi mesi.
Onimusha Warlords torna dopo ben 18 anni a solcare gli schermi delle nostre console, in una edizione rivista e ripulita, dove il porting è piuttosto semplice ma il materiale originale così interessante da risultare ancora fresco e appagante.
Onimusha è uno strano esperimento, un mix tra un hack and slash e Resident Evil, non a caso troviamo la Capcom dell’epoca alle prese col gioco e la direzione del maestro Keiji Inafune, tra storia e folklore, Onimusha riesce a regalare il giusto equilibrio di orrore, esplorazione e combattimento, attestandosi come un cult del passato e come un prodotto di tutto rispetto per nostalgici e nuovi avventori.
La remaster sistema leggermente la grafica e poco più.
Restano i problemi legati alle (se pur bellissime) schermate fisse, tipiche dell’epoca della sua uscita. Gioia e dolore di tutti i titoli di questo genere.
L’esperienza su console è eccellente, l’aggiunta delle medaglie rende il gioco ancora più accattivante.
Dopo 18 anni, Onimusha è ancora un cult da giocare
Tra musiche, scenari, il fascino della storia, leggera, ma interessante, senza parlare della direzione artistica straordinaria, Onimusha Warlords si rivela un gioco da non perdere per chi non l’avesse mai affrontato, oltre che un titolo di livello e un tuffo nella nostalgia per i fan di vecchia data.
Il fascino del Giappone feudale e dei suoi demoni, la cura dedicata alla creazione dei personaggi, al dettaglio dei volti e alla caratterizzazione generale, guadagnano ovviamente delle texture migliorate, diventando un titolo di gran qualità in particolar modo nella modalità portatile di Nintendo Switch.
Un gioco per gli amanti dell’horror, e per chi magari vuole iniziare ad acclimatarsi con l’imminente Sekiro: Shadows die Twice, che condivide col gioco l’ambientazione e un certo immaginario nipponico che abbiamo conosciuto cn Tenchu e Nioh.