Con Elden Ring, From Software è riuscita ad entrare nell’olimpo dei videogiochi toccando vette viste raramente da opere come Shadow of the Colossus, Zelda e pochi altri nomi.
Le ragioni di questo successo stanno nella formula che evolve il sistema dei souls ad un piano open world.
In Elden Ring, ogni partita è un’avventura, non sappiamo cosa ci aspetta e, tenendoci lontani dal web, è possibile vivere qualcosa di simile ai videogiochi del passato e allo stesso tempo a una simulazione di mondo dark fantasy mai vista prima.
Le emozioni di Elden Ring si avvicinano a quelle vissute in Rede Dead Redemption 2, ma hanno l’unicità della scoperta che supera lo stesso Breath of the Wild proponendoci una infinità di situazioni, contenuti, testi e misteri da scoprire.
Elden Ring è godibile anche in brevi partite grazie a un sistema di punti di falò migliorato che non vuole frustrare il giocatore ma incoraggiarlo ad esplorare.
Proprio l’esplorazione e l’enormità del mondo da scoprire sono qualcosa di unico nella storia dei videogiochi.
Avremo a disposizione un intero mondo, ricco di personaggi e misteri, dove anche aree già visitate possono sempre nascondere qualcosa di nuovo.
Tralasciando la complessità dei boss e il culto della difficoltà che circondano i titoli from software, con Elden Ring abbiamo trovato vette viste nel primo Dark Souls e in Bloodborne, amplificate da un open world che diventa un vero universo credibile e capace di regalare avventure e misteri come non vedevamo dall’alba dei tempi videoludici.
Non si sente nemmeno la necessità di seguire un percorso preciso o di giocare con lo scopo di arrivare all’ultimo boss.
Ogni sessione di Elden Ring è una scoperta, con i nostri obiettivi e la ricerca di segreti e di frammenti della storia del fantastico mondo creato da Miyazaki con la collaborazione di Martin.
Era forse da Death Stranding che un titolo non riusciva a innovare il mondo dei videogiochi, facendoci dimenticare i binari prestabiliti dove è stato incanalato per quasi due generazioni.