Ogni tanto anche Sega infilava qualche flop in sala giochi, nonostante sia ricordata solo per i grandi successi. Una delle maggiori delusioni fu Rad Mobile, titolo con molte innovazioni strutturali ma altrettanti fastidi appena preso in mano il volante. Era un gioco di guida con visuale interna, quando questo termine praticamente non esisteva nemmeno. Uscì nel 1991 e viene ricordato solo per il pupazzetto di Sonic appeso al soffitto dell’auto.
A parte l’autocitazionismo chiaro ed evidente, le idee dietro questo gioco erano buone – sulla carta. Un’altra corsa “coast to coast” degli Stati Uniti su numerose tappe e altrettante varietà di percorsi, meteo compreso. Esatto: c’erano anche elementi come la pioggia a rendere difficile la corsa, e i tergicristalli come aiuto. Mettiamoci il pulsante per le luci, nelle gare in notturna, e si vede perché avesse un’impronta più realistica sui diretti rivali.
Peccato che gli sviluppatori avessero commesso un unico, grande errore: realizzare circuiti troppo stretti in rapporto ai veicoli. Ciò rendeva quasi impossibile superare certe fasi senza andare a sbattere di continuo, anche perché il modello di guida era più “simulativo” del solito. Per superare una curva, dovevamo prima rallentare e impostare la traiettoria, cosa praticamente mai vista all’epoca (in sala giochi).
Il fatto di doversi studiare i percorsi e il gameplay faceva a pugni con l’immediatezza richiesta a un coin-op. Ecco il motivo per cui, dopo poche partite, Rad Mobile veniva subito abbandonato. Eppure, l’ingegno del team creativo si vedeva chiaramente nella grafica, tutta 2D ma molto vicina al 3D come resa globale. Nonostante i limiti hardware di allora, Sega era riuscita a rendere credibile la guida in abitacolo.
Peccato mancasse il resto del gioco, o semplicemente non fosse adatto al pubblico arcade. Infatti, Rad Mobile guadagnò qualche settimana di fama e fortuna grazie alla grafica, quando uscì. Ma ben presto sparì dalle sale giochi di inizio anni ’90 perché poco popolare. In seguito fu riadattato su Saturn ma era troppo tardi per cambiare il suo destino. Tant’è che molti lo ricordano quasi unicamente per la mascotte nell’abitacolo.