Shaq Fu è considerato tra i peggiori videogame della storia e uno dei picchiaduro più orrendi di sempre, ma questa fama gli è arrivata solo in tempi recenti e più come semplice moda. Al lancio, metà anni ’90, rappresentava solo uno dei tanti cloni di Street Fighter II che tentavano di rubare la scena al classico firmato Capcom, con un nome famoso in copertina.
All’epoca, Shaquille O’Neal sembrava l’erede di Michael Jordan a livello di sponsorizzazioni e immagine multimediale visto che stava sconfinando nel cinema e nella musica. Mancavano solo i videogame, un vuoto che venne colmato grazie alla collaborazione con la francese Delphine Software. Quest’ultima era nota in campo action adventure grazie all’ottimo Flashback ma di picchiaduro sapeva poco o nulla. E lo abbiamo visto in seguito…
Shaq Fu era il solito picchiaduro a incontri uno contro uno, ispirato in parte ai cartoni animati e in parte ai gusti osceni degli anni ’90. La storia, ad esempio, vedeva Shaq diventare un eroe leggendario durante una tournée con la sua squadra per motivi ancora oggi sconosciuti. Questo strano evento era presentato attraverso immagini in stile fumetto e una mappa dei combattimenti disponibili, proprio come un gioco di ruolo.
Una volta iniziato lo scontro, ogni aspettativa volava fuori dalla finestra visto che i combattimenti erano quanto di più caotico e casuale ci fosse all’epoca. I personaggi, piccoli ma discretamente animati, avevano poche mosse che erano difficili da eseguire, mentre le collisioni imprecise rendevano l’esito dello scontro una scommessa. Mettiamoci anche uno stile grafico poco riuscito, tranne per Shaq e alcuni comprimari, e la frittata era bella che fatta.
Oltretutto, la versione per Super Nintendo che vedete qui sotto era un adattamento dall’originale per Mega Drive con meno personaggi e arene, giusto per rigirare il coltello nella piaga. Benché non fosse così brutto come lo dipingono oggi, Shaq Fu era così mediocre da risultare quasi inutile. All’alba del 1994 c’erano molte alternative nel genere picchiaduro, mentre l’uso di un campione di basket come testimonial sembrava già allora un azzardo. E dire che stanno facendo il seguito…