L’orrore esoterico contro il terrore biologico
Ha compiuto recentemente vent’anni una delle saghe più terrificanti di tutti i tempi.
Eterno avversario di Resident Evil, Silent Hill scelse fin dal principio l’esoterismo contro l’orrore biologico più “accettabile” di Resident Evil.
Mentre le creature che incontriamo nelle celebre saga di Raccoon City ci rincuorano con la loro natura virale, Silent Hill non conosce vie di fuga nel razionale e ci catapulta in un inferno, dove spesso siamo noi stessi la causa dei nostri mali, e l’orrore altro non è che lo specchio occulto della nostra interiorità.
La saga di Silent Hill, orfana di quello che sarebbe potuto diventare il capitolo definitivo, il Silent Hills si Hideo Kojima e Del Toro, è ormai ferma da anni, nonostante ci abbia regalato episodi indimenticabili, un secondo capitolo capace di riscrivere la narrativa videoludica, e addirittura un Downpour che, dopo un’accoglienza tiepida viene rivalutato al giorno d’oggi e giocato da streamer e appassionati che riscoprono gli orrori delle colline silenti.
Vent’anni e non sentirli
Silent Hill riesce ancora oggi ad inquietare, affascinare e far riflettere il giocatore.
I suoi episodi non invecchiano, grazie anche alla maestria di esecuzione che rende addirittura il primissimo capitolo ancora terrificante, e capace di sedurre con le sue musiche, i suoi richiami, e gli orrori del suo universo.
Quella di Silent Hill rimane quindi una saga imperdibile per chiunque ama il lato più oscuro dell’intrattenimento.
Manca di sicuro una evoluzione moderna, e il grande sogno è che, prima o poi qualcuno riprenda in mano l’abbandonato Silent Hills.
Ancora una volta è Konami a privarci di un franchise fondamentale per il mondo dei videogiochi ma che, allo stesso tempo, lo protegge dalle derive che potrebbe aver preso nel tempo.
Un cult, una serie di giochi da non perdere, da giocare e rigiocare sulle più svariate piattaforme, partendo da Playstation fino ad arrivare alle splendide riedizioni Wii.