La nuova trilogia di Assassin’s Creed ha rotto con il passato, deludendo in molti casi gli appassionati e togliendo unicità al titolo.
Se Origins, è riuscito a salvarsi con un personaggio interessante e un’ambientazione stupenda; Odissey sembra aver tirato troppo la corda, proponendo dialoghi e personaggi poco interessanti, un mondo troppo fumettoso rispetto ai toni della saga e un buon gameplay che pecca di estrema ripetitività.
Poi è arrivato Valhalla, titolo che potrebbe risentire della noema Ubisoft e dei precedenti capitoli, ma che non possiamo che consigliare, anche a chi non si è mai avvicinato alla saga.
Una scrittura di alto livello e un mondo ricco di segreti
Quello che rende Assassin’s Creed Valhalla così speciale, è la scelta, finalmente, di scrivere una storia non banale, con dialoghi credibili e personaggi profondi, accompagnata da un mondo che sfiora la magnificenza di un Breath of the Wild per quanto riguarda libertà e esplorazione.
Mentre seguiamo la lunga saga vichinga di Eivorr, possiamo infatti esplorare un mondo vasto e ricco di contenuti, con incontri casuali appassionanti e divertenti, tanti segreti da scoprire e piccoli puzzle che continuano a sorprendere anche dopo decine di ore di gioco.
Valhalla guida il giocatore come i precedenti capitoli, ma riesce anche a sorprenderlo, dando di nuovo quella magia dello scoprire un tempio segreto e una nuova quest che ignoravamo del tutto, anche dopo ore e ore nella splendida, anche se un po’ troppo luminosa inghilterra medioevale.
Non possiamo che esprimere un grande apprezzamento per il lavoro di Ubisoft Anvill, che speriamo possa essere il nuovo standard delle produzioni della compagnia.
Per quanto sia legittimo averlo amato, speriamo di non vedere più le bassezze narrative di Odissey, quando, in Valhalla, si trovano picchi narrativi che lo avvicinano e in certi casi gli permettono di sorpassare, colossi del genere come The Witcher 3.