Neuromancer è stato una pietra miliare del genere adventure nonostante sia ricordato solo dai veri intenditori o da chi l’aveva comprato fidandosi del libro originale. Di fatto, ha guadagnato più fama con l’avvento del retrogaming che negli anni in cui uscì sul mercato. Si ispirava all’omonimo libro di William Gibson, autore meglio noto come l’inventore del genere cyberpunk e della fantascienza più strettamente “tecnologica”. Sembra pazzesco ma reti, intelligenze artificiali e hacker erano già argomento di discussione a fine anni ’80.
Il gioco si presentava come un’avventura grafica a schermate fisse, pur avendo influenze da categorie come i puzzle game e (soprattutto) i giochi di ruolo. Ambientato in un 2017 molto anni ’80, vedeva il protagonista alle prese con due mondi separati: quello reale e quello artificiale della grande rete. Ai tempi, quest’ultima era vista come un microcosmo parallelo in cui i computer avevano preso vita, minacciando l’umanità.
Il resto potete immaginarlo, ma al fianco delle macchine incattivite c’erano parecchi personaggi comprimari davvero spassosi e ambientazioni altrettanto fuori di testa. Il tono generale, soprattutto all’inizio, era piuttosto leggero con dialoghi divertenti e situazioni paradossali. Inoltre, lo stile grafico vicino ai fumetti alleggeriva la materia trattata, quando in teoria la storia doveva essere una critica alla società moderna.
Neuromancer, come altre avventure grafiche, uscì solo su disco e questo ne limitò parecchio la diffusione tra l’enorme pubblico dotato di Commodore 64. Aveva inoltre diversi limiti tecnici, a cominciare dai continui caricamenti e dalla lentezza esasperante del protagonista. Per attraversare le ambientazioni ci volevano diversi minuti, e spesso non era nemmeno chiaro cosa si dovesse fare.
I suoi aspetti migliori restano l’atmosfera hi-tech e l’attenzione ai dialoghi del cast di supporto. Basti citare l’omaggio a Nolan Bushnell, il creatore di Pong, rappresentato come “guru” di una religione votata al medesimo titolo. Ma c’erano altri tocchi di classe, come i richiami al Grande Fratello di Orwell e alla pirateria informatica. Tutto questo rese Neuramancer qualcosa di molto vicino alle esperienze cinematografiche dei giochi moderni, malgrado i suoi chiari limiti tecnologici.