Italia ’90, ve lo ricordate? Il mondiale “nostrano” diede una spinta enorme anche ai videogame ispirati al calcio tanto che già un anno prima era difficile non trovare in sala un cabinato su questo sport. Uno dei più diffusi e popolari, nonostante gli evidenti limiti, era Tecmo World Cup ’90. Per quale motivo? Perché una volta scoperti i trucchi giusti, si poteva vincere quasi ogni partita, ma di questo parleremo più avanti.
Il gioco riproduceva una versione molto ridotta dei mondiali con solo otto squadre selezionabili e uno scorcio di partita regolata da un timer (così da spingere a inserire altri gettoni). Nel poco tempo disponibile, dovevamo solo segnare più gol dell’avversario in qualsiasi modo possibile. Non c’erano falli, punizioni o rigori né altre infrazioni come i fuorigioco. Le uniche interruzioni si avevano quando la palla usciva dal campo e c’era l’inevitabile rimessa in gioco.
Già da questa descrizione, avrete capito che Tecmo World Cup ’90 era un titolo molto semplice per non dire parecchio spartano e ridotto all’osso. I tiri disponibili erano pochi, il contrasto solo in scivolata e le soluzioni in attacco e difesa quasi inesistenti: si buttava in avanti il pallone verso il compagno e stop. Nemmeno graficamente faceva scalpore con i classici omini poco definiti e scarsamente animati, nonché tutti uguali a livello estetico.
Eppure, come già detto in apertura, fu un successo clamoroso tanto da dare inizio a una serie di giochi calcistici proseguita per quasi dieci anni. Merito dell’ottimo tempismo nell’uscita e dell’immediatezza di gioco, oltre ai trucchi già menzionati. C’erano dei modi sicuri per segnare sempre e, una volta che furono scoperti da tutti, resero Tecmo World Cup ’90 il più amato in sala.
Se è vero che ciò portava meno gettoni per la singola partita (che durava parecchio) aumentava il numero di persone giocanti, quindi si trattò di un successo per la casa madre. Ci furono anche molte versioni piratate, diffuse soprattutto in Europa, che sostituivano le nazionali con squadre di club come Barcellona o Milan. A livello di gioco non cambiava nulla, ma servì a tenerlo sulla cresta dell’onda anche dopo i mondiali.