Gran Turismo ha perso buona parte dei suoi estimatori negli ultimi vent’anni ma non si può negare che all’esordio fu un autentico capolavoro. Mai prima del 1997, si era visto un gioco di guida per console con così tante vetture selezionabili e un simile realismo nel modello di guida. Al di là che fosse, o meno, un simulatore (non lo è mai stato) dava l’impressione di essere davvero alla guida e ciò vale più di qualsiasi polemica.
Polyphony Digital e Kazunori Yamauchi non erano nemmeno conosciuti nel settore videogame ma lo diventarono in pochi mesi. Tutto grazie a un’idea semplice ma brillante: unire gli elementi classici del genere arcade alla passione per le auto, in una carriera enorme come contenuti e durata. Ecco cos’era la modalità GT: puro collezionismo applicato ai videogiochi e portato su schermo come nessuno aveva mai fatto prima.
Benché fosse spettacolare solo nei replay, Gran Turismo fu rivoluzionario anche sul lato tecnico per l’ormai celebre “finto riflesso” sulle auto. Nonostante i limiti della prima PlayStation, già sulla piazza da tre anni in Giappone, questo stratagemma rese le vetture molto più “metalliche” e quindi più belle da vedere. Ma anche da guidare, visto che tenevano conto di inerzia, trazione, spostamento dei pesi e altri elementi tipici delle vere simulazioni.
Le auto restavano protagoniste in numero e varietà, all’inizio non altissima contando che quasi tutte arrivavano dal Giappone. Ma la scelta era comunque mostruosa rispetto ai diretti rivali e testimoniava quale peso economico potesse mettere in campo Sony. Acquistare tutte le licenze, le specifiche e il design di ogni vettura era (e rimane) un’utopia per molti concorrenti.
Purtroppo, come avviene spesso quando si parla di capolavori, nessuno dei seguiti è stato all’altezza dell’originale come qualità complessiva. Sony, insomma, ha avuto un colpo di genio ma non è più riuscita a ripetersi. Al di là che possa succedere di nuovo, non si può pensare al primo GT senza definirlo una pietra miliare.