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Dragon: The Bruce Lee Story – 1994

Dragon: The Bruce Lee Story (1994) – Quando il Dragone entrò nelle console

Nel 1994, mentre le console a 16 bit dominavano il mercato e i picchiaduro vivevano il loro momento d’oro, Virgin Interactive Entertainment decise di portare la leggenda di Bruce Lee nelle case di milioni di giocatori. Nacque così Dragon: The Bruce Lee Story, videogioco ispirato all’omonimo film del 1993, che a sua volta raccontava – in chiave semi-biografica – la straordinaria vita del maestro di arti marziali. L’obiettivo era ambizioso: far rivivere ai giocatori i momenti più iconici della carriera del “Piccolo Dragone”.

Il contesto storico: Bruce Lee e i videogiochi

Non era la prima volta che Bruce Lee diventava protagonista di un videogioco. Già nel 1984, Datasoft aveva pubblicato per Commodore 64 e Atari 8-bit un titolo semplicemente intitolato Bruce Lee, un ibrido tra platform e picchiaduro che aveva conquistato i fan dell’epoca. Pur senza riferimenti diretti alla vita reale del maestro, quel gioco dimostrò che il carisma e il nome di Lee funzionavano perfettamente anche nel medium videoludico.

Dieci anni dopo, complice il successo del film diretto da Rob Cohen e interpretato da Jason Scott Lee, Virgin Interactive vide l’occasione di creare un’esperienza più cinematografica e fedele, sfruttando le potenzialità delle console di nuova generazione.

Un lancio multipiattaforma complicato

La distribuzione di Dragon: The Bruce Lee Story fu tutt’altro che lineare. Il gioco debuttò in Europa nel giugno 1994 su Sega Mega Drive (Genesis negli Stati Uniti), seguito dalle versioni per Game Gear e Master System. L’Australia ricevette la versione Mega Drive nello stesso anno, mentre il Nord America dovette attendere il 1995, quando la pubblicazione passò da Virgin a Acclaim Entertainment.

La console Atari Jaguar ricevette la propria conversione nel novembre 1994, seguita da un’uscita giapponese nel luglio 1995. L’ultima versione arrivò su Super Nintendo, pubblicata in Europa nel febbraio 1995 e in Nord America pochi mesi dopo. Era prevista anche una versione per 3DO, ma non venne mai completata.

Il gameplay: tra picchiaduro e beat ’em up

Dragon: The Bruce Lee Story si presentava come un ibrido tra un picchiaduro uno contro uno e un beat ’em up cooperativo. Il giocatore impersonava Bruce Lee attraverso una serie di livelli ispirati alle scene più celebri del film: dalla rissa nei vicoli di Hong Kong allo scontro con i cuochi del ristorante di San Francisco, fino al duello con il maestro Johnny Sun.

Il sistema di combattimento consentiva di eseguire calci volanti, pugni rapidi, colpi con i nunchaku e la famosa tecnica del Dragon Stomp quando l’avversario era a terra. Un elemento distintivo era la barra del Chi, che si riempiva durante gli scontri e permetteva di scatenare potenti mosse speciali.

Secondo il produttore Daniel Marchant, il team scelse di non creare un beat ’em up in stile Streets of Rage 2, preferendo un approccio più arcade e immediato. Ciononostante, il gioco manteneva elementi cooperativi tipici del genere, consentendo fino a tre giocatori contemporaneamente.

Il Fantasma: un nemico indimenticabile

Tra gli elementi più memorabili (e frustranti) del gioco spiccava The Phantom, incarnazione delle paure di Bruce Lee sotto forma di un guerriero samurai corazzato. Quando il giocatore terminava le vite a disposizione, era costretto ad affrontarlo per poter continuare. The Phantom fungeva anche da boss finale, offrendo una delle sfide più impegnative del titolo.

Questa trovata, sebbene criticata per la difficoltà, rispecchiava perfettamente la simbologia del film, dove il protagonista doveva confrontarsi con i propri demoni interiori rappresentati proprio da questa figura spettrale.

Le differenze tra le versioni

Ogni versione di Dragon: The Bruce Lee Story presentava caratteristiche proprie. Quella per Atari Jaguar era la più avanzata tecnicamente, con un numero superiore di frame d’animazione e maggiore fluidità nei combattimenti. Tuttavia, non supportava la modalità a tre giocatori perché pubblicata prima dell’uscita dell’accessorio Teamtap.

La versione Super Nintendo offriva una nuova sequenza introduttiva ma mancava di alcuni intermezzi presenti su Mega Drive. Entrambe le edizioni a 16 bit, però, garantivano un’esperienza di gioco simile, con differenze minime legate più che altro alle preferenze per la console.

La colonna sonora: un punto di forza

Uno degli aspetti più riusciti era la colonna sonora, identica in tutte le versioni. Le musiche riuscivano a evocare l’atmosfera orientale del film e a scandire il ritmo dei combattimenti. In particolare, il tema dello scontro con Johnny Sun rimase impresso nella memoria di molti giocatori, capace ancora oggi di suscitare un’ondata di nostalgia nei fan del periodo a 16 bit.

L’accoglienza della critica: un’arma a doppio taglio

Nonostante l’appeal del nome Bruce Lee e il successo del film, Dragon: The Bruce Lee Story ricevette recensioni tiepide. Le testate dell’epoca lo definirono un buon tentativo ma privo di vera personalità. Electronic Gaming Monthly descrisse la versione Jaguar come “un picchiaduro d’azione nella media”, uscito troppo tardi per sfruttare la popolarità del film.
GamePro fu più severa, sottolineando la mancanza di profondità nel sistema di combattimento e il set di mosse troppo limitato, anche se ne riconobbe la buona grafica. Al contrario, la rivista francese Joypad elogiò i controlli della versione Jaguar, considerandoli più precisi di quelli su Mega Drive e Super Nintendo.

Next Generation adottò una posizione intermedia, definendo il titolo “niente di eccezionale ma comunque divertente”. Criticò però la scelta di includere un solo personaggio giocabile anche nella modalità versus: una decisione coerente con la licenza cinematografica ma penalizzante per la rigiocabilità.

Il valore nostalgico e il retrogaming

Pur non avendo conquistato la critica, Dragon: The Bruce Lee Story ha conservato nel tempo un certo fascino tra i collezionisti e gli appassionati di retrogaming. Per chi è cresciuto negli anni Novanta, rappresenta un frammento di un’epoca in cui ogni film di successo riceveva il suo adattamento videoludico e Bruce Lee era ancora un simbolo vivissimo di forza e libertà.

La versione per Atari Jaguar vendette circa ventimila copie, un buon risultato per una console di nicchia. Nel 2018, il magazine Complex lo inserì nella classifica dei migliori titoli Super Nintendo, riconoscendogli un valore storico al di là dei limiti tecnici.

Cosa mancava al gioco

La principale debolezza del titolo stava nella sua povertà narrativa. Gran parte della storia e degli elementi emotivi del film vennero eliminati, lasciando spazio solo all’azione. La relazione tra Bruce e la moglie Linda, per esempio, era completamente assente, e chi non conosceva la pellicola si ritrovava a passare da uno scontro all’altro senza contesto o motivazione.
Un’occasione sprecata, perché una maggiore attenzione alla dimensione umana di Lee avrebbe potuto rendere l’esperienza più coinvolgente e coerente con il film.

Il confronto con altri picchiaduro dell’epoca

Nel 1994, il panorama dei picchiaduro era dominato da colossi come Street Fighter II Turbo, Mortal Kombat II e The King of Fighters. In un mercato così competitivo, Dragon: The Bruce Lee Story non poteva reggere il confronto: il roster limitato e le poche mosse disponibili lo rendevano meno profondo rispetto ai rivali.
Il fatto di poter controllare solo Bruce Lee, per quanto fedele al personaggio, ne riduceva drasticamente la varietà e la longevità.

L’eredità e la lezione

Dragon: The Bruce Lee Story rimane un esempio interessante di come venivano gestite le licenze cinematografiche negli anni Novanta. Un progetto nato da buone intenzioni, a metà strada tra biopic interattivo e picchiaduro arcade, ma che finì per non soddisfare appieno né i fan del film né gli appassionati del genere.

Eppure, a distanza di anni, conserva un certo fascino. È la testimonianza di un’epoca in cui la forza di un nome poteva bastare a generare un videogioco, e in cui la sperimentazione conviveva con la semplicità. Un piccolo documento storico che racconta quanto Bruce Lee continuasse a esercitare la sua influenza culturale anche vent’anni dopo la sua morte.

Conclusioni

Dragon: The Bruce Lee Story non è il capolavoro che molti speravano, ma resta un titolo curioso e significativo. Offre qualche ora di divertimento, soprattutto in compagnia, e una finestra autentica sugli anni Novanta, tra tie-in cinematografici e picchiaduro da sala giochi.
Oggi, grazie al retrogaming e agli emulatori, è facilmente recuperabile e può essere apprezzato come un tassello importante della storia videoludica: un onesto tentativo di catturare la magia di Bruce Lee in forma interattiva, con tutti i limiti e le ingenuità della sua epoca.

I commenti del pubblico

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