Nel panorama videoludico degli anni ’90, mentre tutti guardavano a Final Fantasy VII come al futuro dei JRPG, nel 1997 usciva silenziosamente un piccolo gioiello che avrebbe dovuto cambiare le regole del genere action-RPG. Alundra, pubblicato in Europa nel 1998 con il sottotitolo “The Adventures of Alundra”, rappresenta ancora oggi uno dei capolavori più sottovalutati della prima PlayStation, un’opera che unisce l’accessibilità di Zelda alla profondità narrativa dei migliori JRPG giapponesi.
Le Radici di una Leggenda: Da Landstalker a Matrix Software
La storia di Alundra inizia molto prima del suo debutto su PlayStation. Alundra è stato il primo titolo dello studio giapponese Matrix Software, gran parte del cui team di sviluppo aveva lavorato in precedenza a Landstalker per Mega Drive. Questo dettaglio non è una semplice nota a margine: Landstalker, uscito nel 1992 per Sega Mega Drive, aveva già dimostrato il potenziale di un action-RPG con visuale isometrica, conquistando critica e pubblico.
Yasuhiro Ohori, presidente di Matrix Software e figura chiave nello sviluppo, aveva già lavorato su Landstalker, insieme ad altri veterani come il map designer Kenji Orimo. Il team si era formato con un obiettivo preciso: creare un “hardcore action RPG” che sfruttasse appieno le potenzialità della nuova console Sony.
La genesi del progetto fu sorprendentemente visionaria. Ohori racconta che circa tre anni prima del lancio della PlayStation, mise insieme un gruppo principalmente composto da sviluppatori che avevano lavorato su Landstalker, tutti accomunati dal desiderio di creare un action RPG hardcore. Era il 1994, e PlayStation non era ancora sul mercato, ma il team aveva già le idee chiare su cosa voleva realizzare.
Un Mondo Onirico che Nasconde Orrori Profondi
La trama di Alundra si distacca immediatamente dai canoni del genere. Il protagonista è Alundra, un giovane dalle orecchie a punta in possesso della capacità di entrare nei sogni altrui, giunto nel villaggio di Inoa a seguito di un naufragio e chiamato a salvare la popolazione dalla maledizione del demone Melzas. Ma ciò che rende speciale questa storia non è la premessa fantasy, bensì la sua maturità tematica.
Il villaggio di Inoa, all’apparenza tranquillo e accogliente, nasconde una realtà agghiacciante: gli abitanti sono tormentati da incubi letali che li portano alla morte nel sonno. Alundra, scoprendo di essere un “Dreamwalker” – un camminatore dei sogni – deve entrare nelle menti tormentate per salvare le vite innocenti. Ma il gioco non si limita a questa premessa: la narrazione esplora temi adulti come la morte, la depressione, il destino e il significato dell’esistenza umana.
La narrativa diventa gradualmente più oscura e contorta man mano che il gioco progredisce, affrontando temi maturi come la morte, la depressione clinica, il destino, la religione e il significato dell’esistenza umana. Non è raro assistere a scene di una crudezza emotiva sorprendente: personaggi amati che muoiono, famiglie distrutte, tradimenti che spezzano il cuore. Il gioco non ha paura di mostrare che, a volte, non si può salvare tutti.
Gameplay: Quando la Difficoltà Diventa Arte
Se la storia di Alundra colpisce per la sua maturità, il gameplay conquista per la sua perfezione tecnica. Il gioco presenta elementi diversi quali l’avventura, il rompicapo, l’esplorazione, la crescita del personaggio, battaglie dirette, e la similitudine con Zelda è molto evidente, a partire dalla visuale in terza persona dall’alto e dalla possibilità di muoversi lungo le 4 direzioni.
Ma Alundra non è una semplice imitazione. Una delle innovazioni più significative è la capacità del protagonista di saltare, cosa che a differenza di Link, permette ad Alundra di sviluppare la dinamica di gioco anche verso l’alto. Questa meccanica apparentemente semplice rivoluziona completamente l’approccio ai puzzle e all’esplorazione, aprendo possibilità di level design tridimensionale in un mondo bidimensionale.
La difficoltà di Alundra è leggendaria tra i videogiocatori. Durante un’intervista, Ohori scherzava dicendo “butterete il controller”, con Tezuka che aggiungeva “avrete bisogno di tempo per riprendervi”. Non è un’esagerazione: il gioco presenta alcuni degli enigmi più complessi mai creati per un action-RPG, puzzle che richiedono non solo abilità nei riflessi ma anche una notevole capacità di ragionamento logico.
Il gioco è noto per contenere molti puzzle estremamente difficili, alcuni dei quali non possono essere accessibili se il giocatore progredisce oltre un certo punto, rendendo alcuni oggetti irraggiungibili. Questa scelta di design, che oggi potrebbe sembrare punitiva, all’epoca rappresentava una sfida che spingeva i giocatori a esplorare meticolosamente ogni angolo del mondo di gioco.
Una Colonna Sonora che Tocca l’Anima
Uno degli aspetti più memorabili di Alundra è senza dubbio la sua colonna sonora, composta da Kōhei Tanaka, compositore giapponese nato il 14 febbraio 1954, già noto per le sue opere su anime come Sakura Wars e Gunbuster. La musica di Alundra non è semplicemente un accompagnamento: è parte integrante dell’esperienza emotiva.
La musica di Tanaka ha inizi, mezzi e finali distinti che li rendono esemplari strani per il loop infinito richiesto da un action-adventure, ma infondono anche ad Alundra un livello di energia e personalità che pochi altri giochi dell’era PS1 possono eguagliare. Ogni brano è costruito come una composizione autonoma, con sviluppi melodici complessi che si evolvono durante l’ascolto.
Particolarmente memorabile è il tema del villaggio di Inoa, che riesce a trasmettere contemporaneamente serenità e una sottile inquietudine, prefigurando i drammi che si susseguiranno. La colonna sonora spazia attraverso molti stili diversi, tutti composti con grande abilità, dal feeling felice e spensierato del Villaggio di Inoa, al cambio improvviso alla pressione di Nightmare, ai temi goffi di Dungeon e Murgg Village.
Un dettaglio affascinante è che Kōhei Tanaka fa un cameo nel gioco, risiedendo in una casa vicino alla Miniera di Carbone. Il suo sprite occasionalmente aggiusta gli occhiali e batte costantemente il piede, presumibilmente a tempo con la musica nella sua testa.
L’Arte Visiva: Pixel Art al Servizio dell’Atmosfera
Visivamente, Alundra rappresenta uno dei picchi della pixel art su PlayStation. Il gioco ha uno stile grafico completamente in 2D, con un design originale che strizza sempre l’occhio a Zelda, ma prende la sua strada risultando assolutamente originale nel complesso, in particolare perché ha uno stile molto più cupo e misterioso.
Gli sprite sono dettagliatissimi per gli standard dell’epoca, con animazioni fluide che danno vita ai personaggi. Ogni abitante del villaggio ha una personalità visiva distinta, e le espressioni facciali riescono a comunicare emozioni complesse nonostante la limitazione tecnica dei pixel.
I dungeon rappresentano forse il punto più alto dell’arte visiva del gioco. Ogni ambientazione onirica ha un’identità visiva unica, da foreste incantate che nascondono orrori indicibili a cattedrali gotiche che evocano un senso di sacro terrore. La palette cromatica varia sapientemente da toni pastello rassicuranti a tonalità più scure e inquietanti, seguendo perfettamente l’evolversi narrativo.
Il Riconoscimento della Critica: Un Successo Meritato
Il successo critico di Alundra fu immediato e duraturo. Attualmente l’aggregatore di recensioni Metacritic attribuisce al gioco una votazione media di 86 punti su 100 su una base di 9 recensioni, mentre GameRankings gli assegna una valutazione media dell’83,77% basata su 13 recensioni, collocandolo fra i cento migliori titoli di tutti i tempi per PlayStation.
Jay Boor di IGN ha affermato di non esser “mai stato tanto messo alla prova da un gioco fin dai tempi del vecchio LandStalker per Genesis. E Climax ha reso Alundra due volte più difficile, due volte più stimolante e due volte più bello di Landstalker”. La recensione sottolineava come il gioco avesse “una bella storia, eccellenti musiche e una grafica che ben si adatta al gioco”.
Electronic Gaming Monthly’s quattro recensori gli diedero voti di 9, 9, 8 e 8.5 su 10, per un totale di 34.5 su 40, lodando la traduzione eccellente, i puzzle “brillanti nel design” e l’azione “stimolante e ben calibrata”.
L’Eredità di un Capolavoro Incompiuto
Nonostante il successo critico, Alundra rimase sempre un gioco di nicchia. Nel 1997, anno di pubblicazione, il gioco ha venduto più di 140.000 copie in Giappone e all’11 giugno 2016 ha venduto più di 130.000 copie in Nord America. Numeri rispettabili ma non paragonabili ai grandi blockbuster dell’epoca.
Il sequel, Alundra 2: A New Legend Begins, uscito nel 1999, fu una delusione per i fan. Alundra 2 si distaccò completamente dal suo predecessore sia come storia, sia come grafica che come gameplay, abbandonando la pixel art per modelli 3D e perdendo completamente l’atmosfera dark che aveva reso unico l’originale.
Nel 2012, finalmente, il gioco è stato reso disponibile per l’acquisto digitale in Europa sulla piattaforma PlayStation Network, permettendo a una nuova generazione di giocatori di scoprire questo gioiello nascosto.
Perché Alundra Rimane Attuale Oggi
A più di 25 anni dalla sua uscita, Alundra continua a essere rilevante per diversi motivi. In primo luogo, la sua maturità narrativa anticipava tendenze che sarebbero diventate comuni solo anni dopo. Quando la maggior parte dei giochi si rivolgeva a un pubblico giovane con storie semplici e lineari, Alundra osava esplorare tematiche complesse con la profondità di un romanzo.
La sua difficoltà, spesso criticata all’epoca come eccessiva, oggi appare profetica dell’interesse moderno per i “souls-like” e i giochi che sfidano davvero le abilità del giocatore. Il gioco offre un prodotto originale nella storia, con un gameplay molto più impegnativo, un ottimo level design.
Dal punto di vista del game design, Alundra rimane un masterclass su come costruire puzzle complessi che richiedono sia abilità manuale che ragionamento logico. Molti designer moderni potrebbero imparare dalla precisione millimetrica richiesta dai suoi platform puzzle.
Un Invito alla Riscoperta
Per i nostalgici che vissero l’epoca d’oro della PlayStation, Alundra rappresenta un ritorno a quando i videogiochi osavano essere diversi, quando un piccolo team di sviluppatori poteva creare un’esperienza unica senza dover rispondere alle logiche di mercato dei grandi publisher.
Per i nuovi giocatori, Alundra offre una finestra su un periodo irripetibile della storia videoludica, quando l’innovazione nasceva dalla passione più che dai focus group. È un gioco che richiede pazienza, dedizione e intelligenza, ma che ripaga con un’esperienza emotiva e ludica di rara intensità.
In un’era di remake e remaster, Alundra attende ancora la sua risurrezione. Di recente, il creatore Yasuhiro Ohori è apparso al BCN Game Fest 2025, riaccendendo le speranze dei fan per un possibile ritorno della serie. Fino ad allora, questo capolavoro perduto continuerà a vivere nei ricordi di chi lo ha amato e nelle speranze di chi ancora deve scoprirlo.
Alundra non è solo un videogioco: è la dimostrazione che l’arte videoludica, quando è guidata dalla visione e dalla passione, può creare esperienze che trascendono il tempo e rimangono impresse nell’anima. Un sogno digitale che vale la pena di essere vissuto, ancora e ancora.
Avete mai giocato ad Alundra? Condividete i vostri ricordi nei commenti e raccontateci quale aspetto di questo capolavoro vi ha colpito di più. E se non lo avete mai provato… beh, forse è arrivato il momento di recuperare questo gioiello perduto del retrogaming.