Primavera 1992. Al CeBIT di Hannover Commodore presenta l’Amiga 600, un computer destinato a dividere più di ogni altro la community degli appassionati. Con il suo case compatto, privo di tastierino numerico, e un prezzo di lancio di 802.800 lire sul mercato italiano, l’A600 si proponeva come una versione rivisitata dell’Amiga 500 Plus, pensata per coprire la fascia consumer in attesa dell’arrivo del più potente Amiga 1200.
La storia dell’Amiga 600 è uno dei capitoli più discussi dell’evoluzione degli home computer degli anni Novanta: una vicenda fatta di scelte tecniche controverse, soluzioni innovative e un posizionamento commerciale che ancora oggi divide gli appassionati del retrogaming.
Un design rivoluzionario per l’epoca
L’elemento più evidente dell’Amiga 600 era senza dubbio il formato. Con appena 35 centimetri di larghezza e 24 di profondità, e un peso inferiore ai 3 chilogrammi, diventava l’Amiga più compatto mai realizzato fino a quel momento. Questo risultato fu possibile grazie all’adozione, per la prima volta nella linea Amiga, della surface mount technology, che permetteva di montare i componenti direttamente sul circuito stampato, riducendo drasticamente gli ingombri.
Il risultato era un computer moderno e dall’aspetto quasi “portatile”, più facile da collocare negli spazi domestici. Questa compattezza, però, comportava rinunce importanti: su tutte, l’eliminazione del tastierino numerico, presente su Amiga 500 e 500 Plus. Una scelta che si rivelò problematica per molti software professionali e per diversi giochi, in particolare i simulatori di volo che sfruttavano intensamente i tasti numerici.
Il computer veniva venduto con mouse a due tasti, mentre monitor e altre periferiche andavano acquistati separatamente. L’alimentatore restava esterno, in pieno stile Amiga consumer. La produzione avveniva nello stabilimento di Irvine, in Scozia, rendendo l’A600 il primo Amiga assemblato nel Regno Unito. Il primo esemplare prodotto, con numero seriale “1”, rimase esposto nell’ufficio del direttore generale della filiale britannica, a testimonianza dell’importanza attribuita al progetto.
Specifiche tecniche: tra continuità e novità
Sotto la scocca compatta, l’Amiga 600 montava il collaudato Motorola 68000, lo stesso processore utilizzato da tutti i modelli consumer della famiglia. La frequenza di clock era di 7,09 MHz nella versione PAL e 7,16 MHz in quella NTSC. La dotazione base prevedeva 1 MB di Chip RAM, espandibile fino a 2 MB.
Il chipset era l’ECS (Enhanced Chip Set), con il chip grafico Fat Agnus capace di gestire risoluzioni da 320×200 fino a 1280×512 pixel. La palette complessiva contava 4096 colori, mentre il comparto audio era affidato al chip Paula, con audio stereo a 4 canali a 8 bit: una delle firme storiche della piattaforma Amiga nel mondo del gaming e della demoscene.
Il sistema operativo era AmigaOS 2.0 con Workbench 2.05, caratterizzato da un’interfaccia grafica rinnovata. Le prime ROM iniziali, però, crearono non pochi problemi. La versione Kickstart 37.299 non supportava né l’IDE interno né la PCMCIA, richiedendo il caricamento dei driver da floppy. La 37.300 introdusse il boot da IDE e PCMCIA, ma limitava gli hard disk a 40 MB. Solo con la 37.350 si ottenne il pieno supporto fino a 4 GB.
Le vere innovazioni dell’Amiga 600
Pur essendo, di fatto, una reingegnerizzazione del 500 Plus, l’Amiga 600 introduceva alcune novità significative. La più importante era lo slot PCMCIA Type II, che permetteva l’espansione della RAM fino a 4 MB aggiuntivi tramite apposite schede. Una soluzione moderna per l’epoca, che anticipava standard poi diffusissimi nei notebook.
Altra aggiunta fondamentale era l’interfaccia IDE integrata, che consentiva il collegamento interno di un hard disk da 2,5 pollici. Commodore aveva previsto persino uno spazio dedicato all’interno del case. Non a caso venne commercializzata anche la versione Amiga 600HD, dotata di hard disk di serie e riconoscibile dal case bianco anziché crema. Questa versione costava circa il doppio ed era pensata per un uso più professionale, mentre l’A600 base restava orientato al gaming.
L’aspetto curioso era che la presenza dell’hard disk aumentava l’uso di memoria da parte del sistema operativo, al punto che alcuni giochi particolarmente esigenti, come Civilization, non funzionavano senza un’ulteriore espansione di RAM.
Completava il pacchetto una nuova uscita video composita RCA a colori, che semplificava il collegamento diretto alla televisione.
Il contesto commerciale e le scelte strategiche
L’Amiga 600 nasceva con un obiettivo chiaro: rilanciare le vendite della linea consumer in attesa dell’Amiga 1200, previsto per la fine dello stesso anno. Commodore puntava a ridurre i costi di produzione grazie alla surface mount technology, mentre la fascia alta era coperta dagli Amiga 3000 e 3000T.
Il prezzo di lancio era elevato: 802.800 lire in Italia. Già nell’ottobre 1992, tuttavia, Commodore fu costretta a ridurlo a 530.000 lire, a pochi mesi dall’arrivo dell’Amiga 1200. Questo rapido taglio dimostrò le difficoltà incontrate dal modello sul mercato.
In origine, il progetto avrebbe dovuto chiamarsi Amiga 300 e affiancare il 500 Plus come modello di fascia più bassa. Commodore decise invece di sostituire completamente il 500 Plus con l’A600, cambiandone anche il nome. Il problema era che, pur essendo più compatto, l’A600 non offriva un vero salto tecnologico e manteneva costi produttivi simili.
L’azienda tentò anche di posizionarlo come una sorta di “console con tastiera” per contrastare Nintendo e Sega nel mercato domestico. Un’idea che si rivelò fallimentare: l’A600 non riuscì né a insidiare le console né a raccogliere l’eredità dell’Amiga 500, che aveva superato i 6 milioni di unità vendute nel mondo.
L’accoglienza della comunità Amiga
La risposta degli utenti fu fredda e spesso critica. L’eliminazione del tastierino numerico venne vista come un passo indietro, e le incompatibilità software ereditate dal 500 Plus determinarono problemi con diversi titoli pensati per AmigaOS 1.3.
Il colpo definitivo arrivò nel settembre dello stesso anno con il debutto dell’Amiga 1200. Il nuovo modello, dotato di chipset AGA a 32 bit e processore Motorola 68020, offriva capacità grafiche nettamente superiori ed era venduto praticamente allo stesso prezzo dell’A600HD. In pochi mesi, l’A600 risultava già superato.
Commodore finì così per cannibalizzare sé stessa, mentre anche le vendite dell’Atari ST stavano rallentando naturalmente. Invece di conquistare nuovi spazi, l’azienda si trovò a competere con i propri modelli.
Il software e l’ecosistema gaming
Nonostante tutto, l’Amiga 600 poteva contare su uno dei cataloghi software più ricchi dell’epoca. Durante la sua breve carriera venne proposto in numerosi bundle con giochi e programmi. Tra i titoli più noti troviamo Lemmings, Captain Planet & the Planeteers, Bart Simpson vs. the Space Mutants e Deluxe Paint 3.
Bundle successivi includevano Formula One Grand Prix di Geoff Crammond, Pushover, Putty, Zool e Pinball Dreams. Esisteva persino una rarissima versione italiana in collaborazione con Simulmondo che includeva Dylan Dog: Gli uccisori.
Grazie alla compatibilità con la stragrande maggioranza del software Amiga, l’A600 garantiva l’accesso a capolavori come Sensible World of Soccer, Turrican II, Shadow of the Beast, Speedball 2, Cannon Fodder, Lotus Turbo Challenge 2 e alle avventure LucasArts come The Secret of Monkey Island.
Anche la demoscene continuava a produrre demo spettacolari che dimostravano la vitalità dell’hardware OCS/ECS. L’A600, pur non essendo un sistema AGA, restava una piattaforma più che valida per questo tipo di produzioni.
Espandibilità e comunità degli smanettoni
Il processore 68000 era saldato sulla scheda madre, il che teoricamente impediva aggiornamenti della CPU. Questo non fermò però la creatività della comunità. Comparvero rapidamente acceleratori non ufficiali con processori 68010, 68020 fino a 25 MHz e persino 68030 a 50 MHz, spesso accompagnati da espansioni di Fast RAM fino a 32 MB.
Lo slot PCMCIA, nato per le schede di memoria, divenne nel tempo un punto di accesso per soluzioni alternative: schede di rete, modem e, anni dopo, adattatori CompactFlash che sostituivano i vecchi hard disk meccanici con soluzioni più affidabili.
L’eredità dell’Amiga 600
L’Amiga 600 rimase in produzione solo fino al 1993, quando venne definitivamente rimpiazzato dall’Amiga 1200. La sua carriera fu breve e complessa, segnata da scelte di posizionamento discutibili e da un tempismo poco felice. Tuttavia, ridurlo a un semplice fallimento sarebbe ingeneroso.
L’A600 rappresentava un tentativo concreto di miniaturizzazione e modernizzazione della piattaforma Amiga. Lo slot PCMCIA e l’IDE integrato erano soluzioni all’avanguardia, mentre il design compatto anticipava tendenze future.
Oggi, nel mondo del retrogaming e del collezionismo, l’Amiga 600 ha ritrovato una sua dignità. Viene apprezzato per le dimensioni contenute, la facilità di conservazione e la possibilità di essere modernizzato con soluzioni SSD tramite adattatori. Per chi vuole avvicinarsi oggi al mondo Amiga, rappresenta una porta d’ingresso interessante, a patto di conoscerne limiti e compromessi.
Non è il modello più potente, né il più iconico, ma ha un fascino tutto suo. E forse proprio la sua natura di macchina di transizione lo rende oggi ancora più interessante da riscoprire: testimone di un’epoca in cui l’informatica domestica stava cambiando rapidamente, tra intuizioni geniali e scelte che, con il senno di poi, si sarebbero rivelate fatali.