Quello di cui stiamo per parlare è un videogioco assolutamente peculiare. Infatti la storia dello sviluppo di Last Battle rappresenta sostanzialmente un unicum nel mondo dei videogiochi.
Studiato per il mercato giapponese, si tratterebbe infatti di una sorta di sequel di Hokuto No Ken (videogioco tratto dalla saga di Ken Shiro) per Sega Master System. Cosa c’è di strano in questo? Beh, una prima stranezza è che non vi sia nessun riferimento al primo capitolo nel titolo del videogame; nonostante sia stato ufficialmente sviluppato dalla SEGA – non si tratta quindi di un banale rip-off – non è stato incluso nel merchandising di Ken Shiro e risulta un prodotto scollegato…ma collegato!
Questa curiosa circostanza ha portato le sue conseguenze al parossismo nel mercato occidentale: infatti non si è solo cambiato i nomi per distanziarlo ulteriormente dalla saga, ma si sono pure modificati i personaggi nell’aspetto esteriore ed è stato distribuito per Commodore Amiga da un altro studio.
Dulcis in fundo, per mitigare gli effetti della violenza sulle menti dei giocatori, nelle versioni americana ed europea i nemici non esplodono come originariamente pensato ma scompaiono dallo schermo come tratti da invisibili mani – in maniera invero molto comica. Ma non è finita: le esplosioni potevano essere re-inserite inserendo il codice segreto PEARLHARBOUR, vaga allusione a certe incomprensioni non solo culturali tra giapponesi e americani.
Dopo una premessa così magnifica, può risultare ovviamente difficile che il gioco sia all’altezza. E invece ci troviamo di fronte a un gioco molto divertente – pur con notevoli limiti tecnici – e che per certi versi, per ironia e divertimento (anche involontario, come nel sopracitato caso degli antagonisti che cadono fuori dallo schermo), sembra sia stato sviluppato in questa epoca pensando agli anni ’80.
La storia, essendo ispirata a Ken Shiro, è tipica: bisogna salvare il mondo e per farlo non c’è modo migliore che spezzare le reni ad ogni persona provi ad ostacolarci, con correlato campionario di dialoghi da macho man, personaggi assurdamente fisicati, abbigliamenti colorati ed improbabili, etc…
Insomma, sapete già cosa aspettarvi dal gioco; ma ogni gioco ha una storia a sé. E quella di Last Battle merita tantissimo.