Quando due titani si sfidano, nascono capolavori immortali
Negli anni Novanta, mentre i ragazzini si accalcavano attorno ai cabinati delle sale giochi con le tasche piene di gettoni, si consumava una battaglia epica dietro le quinte del mondo videoludico. Una guerra silenziosa ma feroce tra due colossi nipponici che ha forgiato l’intera evoluzione dei picchiaduro: Capcom contro SNK. Non si trattava solo di una competizione commerciale, ma di una rivalità personale, quasi familiare, che ha dato origine ad alcuni dei fighting game più memorabili della storia.
Il Tradimento che Scatenò una Guerra
La storia inizia nel 1987, quando un giovane sviluppatore di nome Takashi Nishiyama completava il suo lavoro sul primo Street Fighter presso Capcom. Insieme al collega Hiroshi Matsumoto, aveva gettato le basi di quello che sarebbe diventato il genere dei picchiaduro moderni. Tuttavia, anziché rimanere per vedere nascere Street Fighter II, Nishiyama compì una scelta che avrebbe cambiato per sempre il panorama videoludico: accettò l’offerta di SNK e abbandonò Capcom.
Non fu un tradimento qualunque. SNK non aveva semplicemente sottratto un dipendente alla concorrenza: aveva letteralmente “rapito” il padre fondatore dei fighting game. Era come se Michelangelo, dopo aver progettato la Cappella Sistina, avesse deciso di lavorare per un’altra chiesa. Il risultato? Nel 1991, mentre Capcom lanciava Street Fighter II e conquistava il mondo, SNK rispondeva colpo su colpo con Fatal Fury: King of Fighters.
Fatal Fury: La Risposta che Nessuno si Aspettava
Chi assistette al lancio di Fatal Fury nelle sale giochi dell’epoca ricorda perfettamente la sensazione. Da un lato c’era Street Fighter II, il fenomeno globale che definiva gli standard del genere. Dall’altro, questo nuovo arrivato che osava sfidare il re indiscusso degli arcade. Terry Bogard con il suo iconico cappellino rosso, i fratelli Bogard in cerca di vendetta, un sistema di combattimento su due piani che nessuno aveva mai visto prima.
Ma non erano solo le meccaniche innovative a rendere speciale Fatal Fury. Era la dichiarazione di guerra non detta che accompagnava ogni singolo pixel del gioco. Nishiyama aveva creato quello che lui stesso definì “il suo Street Fighter II”, una visione alternativa di come avrebbe potuto evolversi il franchise che aveva contribuito a creare. E funzionava.
La grafica del Neo Geo surclassava qualsiasi cosa si fosse vista fino ad allora. Le animazioni fluide, gli sfondi dettagliati, le colonne sonore indimenticabili: SNK non stava solo competendo, stava alzando l’asticella. Terry Bogard divenne rapidamente una mascotte riconoscibile quanto Ryu o Ken, e il suo “Are you OK?” risuonava nelle sale giochi di mezzo mondo.
Gli Anni della Guerra Fredda
Quello che seguì fu un decennio di scambi di colpi che fece la fortuna di tutti gli appassionati di picchiaduro. Ogni mossa di una casa veniva immediatamente controbilanciata dall’altra. Capcom lanciava Darkstalkers? SNK rispondeva con Samurai Shodown. Capcom sperimentava con i crossover Marvel? SNK creava The King of Fighters, unendo tutti i suoi franchise in un’unica epica battaglia.
Ma la vera guerra psicologica si combatteva nei dettagli. Capcom creò Dan Hibiki, un personaggio volutamente ridicolo che parodiava spudoratamente Ryo e Robert di Art of Fighting. Era un insulto elegante ma chiaro: “I vostri personaggi sono solo delle brutte copie dei nostri”. SNK non rispose direttamente, ma continuò a perfezionare i suoi titoli, raggiungendo vette artistiche e tecniche che lasciavano a bocca aperta.
Fatal Fury 2 fu il primo vero capolavoro della serie, con Mai Shiranui che diventava l’icona femminile per eccellenza dei fighting game. Era la risposta di SNK alla Chun-Li di Capcom, ma con una personalità completamente diversa. Dove Chun-Li incarnava la determinazione e la giustizia, Mai rappresentava il fascino e la seduzione. Due filosofie diverse di intendere il combattimento virtuale.
King of Fighters: Il Colpo del KO
Il vero momento di svolta arrivò nel 1994 con The King of Fighters ’94. SNK non si accontentava più di competere: voleva dominare. Prese tutti i suoi personaggi più amati – Terry Bogard, Kyo Kusanagi, Mai Shiranui, Geese Howard – li mise insieme in un unico titolo colossale e creò il sistema di combattimento a squadre che avrebbe influenzato i fighting game per decenni.
Era l’equivalente videoludico degli Avengers, ma con vent’anni di anticipo. Ogni team raccontava una storia, ogni personaggio aveva una ragione per essere lì, ogni scontro caricava di significato l’intera esperienza. KOF ’98, in particolare, raggiunse una perfezione tecnica e artistica che molti considerano ancora oggi insuperata.
Nel frattempo, Capcom iniziava a mostrare i primi segni di stanchezza. Street Fighter III, pur essendo tecnicamente superiore, non riuscì mai a conquistare il pubblico come i suoi predecessori. La casa di Osaka sembrava aver perso la bussola, mentre SNK dominava incontrastata il mondo degli arcade asiatici.
La Tregua Inaspettata
Poi, alla fine degli anni Novanta, successe l’impensabile. Invece di continuare a combattersi, le due rivali decisero di unire le forze. L’accordo prevedeva che ciascuna azienda avrebbe sviluppato due crossover: Capcom vs SNK e SNK vs Capcom. Era come vedere Stati Uniti e Unione Sovietica decidere di organizzare insieme le Olimpiadi durante la Guerra Fredda.
Il primo frutto di questa collaborazione fu SNK vs Capcom: Match of the Millennium per Neo Geo Pocket Color nel 1999. Un piccolo gioiello che conteneva tutti i personaggi più amati delle due case in un formato portatile rivoluzionario. Ma era solo l’antipasto.
Capcom vs SNK: Millennium Fight 2000 fu il primo grande crossover arcade, seguito dall’ancora più perfezionato Capcom vs SNK 2: Mark of the Millennium 2001. Vedere Ryu combattere contro Terry Bogard, Chun-Li sfidare Mai Shiranui, Ken contro Iori Yagami non era solo fan service: era la realizzazione di sogni che i giocatori covavano da anni.
SNK vs Capcom: Quando i Ruoli si Invertono
Dal lato SNK arrivarono SNK vs Capcom: SVC Chaos nel 2003, un titolo inizialmente sottovalutato ma che col tempo si è rivelato un piccolo capolavoro. La differenza sostanziale stava nell’approccio artistico: nei giochi Capcom, tutti i personaggi erano ridisegnati nello stile della casa di Osaka. Nei titoli SNK, invece, i personaggi Capcom ricevevano il trattamento grafico tipico di SNK, creando versioni alternative affascinanti dei fighter più famosi al mondo.
Vedere Demitri disegnato nello stile SNK, o Akuma reinterpretato con l’estetica di Fatal Fury, era un’esperienza quasi surreale. Era come assistere a un esperimento artistico in cui due maestri della pittura decidevano di scambiarsi pennelli e tavolozze.
L’Eredità di una Rivalità Leggendaria
La rivalità Capcom vs SNK non è mai veramente finita. Anche quando SNK attraversò momenti difficili nei primi anni 2000, l’influenza reciproca tra le due case continuò a plasmare l’evoluzione dei fighting game. Tekken, Mortal Kombat, Guilty Gear: tutti i grandi nomi del genere devono qualcosa a quella battaglia titanica combattuta tra Osaka e Osaka.
Oggi, vedere Terry Bogard e Mai Shiranui approdare come guest character in Street Fighter 6, o Ken e Chun-Li preparsi ad entrare in Fatal Fury: City of the Wolves, ci ricorda che alcune rivalità sono così profonde da trasformarsi in rispetto reciproco. È il riconoscimento che entrambe le case hanno contribuito a creare qualcosa di più grande della somma delle parti.
Il Ritorno dell’Imperatore
Con la recente Capcom Fighting Collection 2, che include i due Capcom vs SNK, e il rilancio di SNK vs Capcom: SVC Chaos, la magia di quegli anni sta tornando a nuova vita. Le nuove generazioni possono finalmente capire cosa significava essere un fan dei picchiaduro negli anni d’oro del genere, quando ogni nuovo annuncio poteva cambiare per sempre le regole del gioco.
Fatal Fury: City of the Wolves ha dimostrato che SNK non ha perso il tocco magico, mentre Capcom continua a innovare con Street Fighter 6. La rivalità si è evoluta in qualcosa di più maturo, ma l’essenza resta la stessa: due filosofie diverse di intendere il combattimento virtuale che si spingono reciprocamente verso l’eccellenza.
Perché Questa Storia Conta Ancora
Nell’era dei DLC, degli aggiornamenti costanti e delle stagioni competitive, è facile dimenticare che i fighting game nascono dalla passione pura per il confronto. La rivalità Capcom vs SNK ci ricorda che dietro ogni hadouken, ogni shoryuken, ogni power wave c’è la storia di persone che hanno dedicato la vita a perfezionare l’arte del combattimento virtuale.
Takashi Nishiyama, l’uomo che ha scatenato tutto questo, una volta disse: “Non ho mai creato il mio gioco ideale”. Forse aveva ragione. Forse il suo capolavoro non è stato un singolo titolo, ma l’intera guerra che ha innescato. Una guerra che ha regalato al mondo alcuni dei videogiochi più belli mai creati e che continua ancora oggi, ogni volta che un nuovo fighter entra nell’arena.
Perché in fondo, quando si parla di Capcom vs SNK, non stiamo parlando solo di videogiochi. Stiamo parlando di leggenda.
Con la Capcom Fighting Collection 2 in arrivo e Fatal Fury: City of the Wolves già disponibile, non c’è mai stato momento migliore per riscoprire questa rivalità epica. Che siate team Capcom o team SNK, una cosa è certa: tutti abbiamo vinto da questa battaglia.