Mega Man riveste un’importanza enorme per la sua casa madre, Capcom, perché ne ha annunciato il definitivo passaggio da produttore di cabinati a sviluppatore di giochi “casalinghi”. Prima del 1987, la casa nipponica era concentrata principalmente sul mercato arcade e affidava gli adattamenti dei suoi titoli a produttori esterni. Questa volta, decise di ripartire da zero con un gioco pensato espressamente per il Nintendo Entertainment System.
E che gioco! Malgrado vendite non all’altezza delle aspettative, riuscì a imporsi per la qualità del gameplay e lo stile grafico estremamente curato, dando vita a una serie che è andata avanti per molti anni. Le basi erano le stesse dei giochi di piattaforme tradizionali: livelli inquadrati lateralmente da completare raccogliendo bonus, ma lo stile grafico e il cast di personaggi lo separavano da tutti i concorrenti.
Merito delle chiare ispirazioni al capolavoro fumettistico firmato Osamu Tezuka, cioé Astro Boy. Anche in Mega Man, il protagonista era un “robottino” armato di super poteri che vestiva i panni dell’eroe in un mondo futuristico. La nemesi, stavolta, era lo scienziato pazzo Dr.Wily e l’esercito di robot sotto il suo comando. Questi ultimi andavano affrontati attraverso scenari personalizzati in base al boss finale e alle sue caratteristiche.
La particolarità di Mega Man stava nell’acquisizione di nuove abilità dopo ogni livello completato, che davano al gioco una bella rinfrescata man mano che si andava avanti. Battendo i vari boss, potevamo ottenere nuove armi e gadget utili strada facendo, così che i modi per giocare aumentassero in numero e varietà. Il giusto premio dopo aver sudato le proverbiali sette camicie, vista la difficoltà mediamente alta con picchi clamorosi in certe sezioni.
Mega Man è stato spesso criticato per l’assenza di innovazione dei suoi seguiti, riciclati pesantemente per tutti gli anni ’80 e ’90. Se è vero quando parliamo degli episodi più recenti, il primo capitolo vantava uno stile personalissimo e una realizzazione all’avanguardia su NES. Tant’è che ancora oggi si difende discretamente, soprattutto in materia di stile e “cattiveria” del gameplay.