A caccia di Oni
Prima di Nioh c’era Onimusha e diciamolo pure, questo titolo ha lasciato davvero un grande vuoto nel cuore di tutti coloro che lo hanno amato ai tempi della sua uscita.
Arrivato nel 2001, Onimusha è un titolo di genere survival horror ma forte di una componente estremamente action. Il gioco ci vede guidare il nostro protagonista mentre affronta indicibili orrori fuoriusciti dal giappone feudale, facendo a pezzi oni, mostruosità varie e creature da incubo pescate direttamente dal folklore giapponese.
Non avremo la possibilità di correre e saltare, come avviene nei vari Resident Evil, ci ritroveremo così forzati in movimenti lenti che creeranno una notevole tensione al momento di sfoggiare la lama e fare a pezzi qualche demone.
Il gioco è forte di una grafica straordinaria, ai limiti dei primi titoli PS3, colpisce poi la ricchezza di dettagli e la cura del character design che lo eleva all’olimpo del videogioco.
L’oscurità del giappone feudale
Dopo l’ondata di titoli storici ambientati nel regno di ninja e samurai dell’E3 2018, Onimusha sembra tornare con prepotenza e mostrare il suo lascito. Quello che ci troviamo di fronte è un titolo fuori dal tempo in grado di segnare il settore con la sua qualità che precorreva fortemente i tempi.
Un modo alternativo di vedere il survival horror, di solito fatto di zombie o simili e ambientazioni moderne. Onimusha fu una sorpresa ai tempi della sua uscita, e lo è ancora, con la fusione di miti lovecraftiani e Giappone antico, con personaggi ben delineati e una trama interessante e sfaccettata. Il gameplay può risultare in alcuni casi un po’ legnoso, ma di fronte a una direzione artistica del genere riusciamo a perdonare queste piccole sbavature del passato, gioia e dolore del retrogaming 3d.
Un titolo che merita ben due sequel e che speriamo torni sotto i riflettori in questa era della remaster e del remake