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Chi pagherà i 10 miliardi di euro provenienti dal gioco… se verrà eliminato?

Si può dire che questa è una gran bella domanda da porre al nostro Esecutivo! Domanda che avrà la stessa risposta -e cioè silenzio assoluto- dell’altra, ancora più importante per il sociale: che fine faranno i centomila (e più) lavoratori espulsi dal mondo del gioco pubblico e dai casino online con bonus? Molto probabilmente, la “vecchia” politica, con tutti i suoi pesanti difetti, non si sarebbe mai permessa di far vivere uno scenario simile a quello che si prospetta, oggi, nel settore del gioco. Ma forse, ora, pretendere risposte e sopratutto verità, dall’attuale politica è “scorretto”: ma chi scrive, invece, intende sottoporre queste domande ad oltranza e cercare di immedesimarsi nella mente di chi ci governa.
Queste domande nascono dalla lettura di un recente disegno di legge, dove si propone l’adozione di un distanziometro di 500 metri a livello nazionale, unitamente al rafforzamento dei poteri comunali, sia relativamente agli orari di gioco sia sotto il profilo della individuazione di ulteriori e maggiori luoghi sensibili per “non far aprire alcuna attività commerciale ludica nelle loro vicinanze”. Questo, ovviamente, produce il famigerato “effetto espulsivo” visto che le zone rimanenti o sono soggette ad altri vincoli comunali, oppure non sono assolutamente idonee per una attività commerciale di qualsiasi genere, e quindi anche quella del gioco.
La negazione di aprire un’attività ludica, od il divieto di farlo quasi ovunque, non riveste alcuna differenza. Questo nuovo progetto di decreto, che si affaccia sullo scenario del dibattito del gioco lecito, è un ulteriore strumento che porterà alla persistente criticità che il fenomeno del gioco sta facendo emergere, così come tutte le simili opinioni che vengono rappresentate. La realtà è che il gioco pubblico e lecito potrà essere abolito solo se agli italiani che pagano le tasse si toglieranno altri 15 miliardi di euro l’anno dalle tasche, pari alla fiscalità integrata (prelievi e fiscalità aziendali e contributiva) garantiti dal settore del gioco e, particolarmente, dal comparto delle apparecchiature da intrattenimento.
L’abolizione del gioco lecito, oppure la sua quasi totale marginalizzazione al di fuori di un distanziometro che va a coprire più del 90% dei suoli urbani, è realizzabile così come l’abolizione della guerra, delle malattie e della fame. É improponibile. I cittadini, molto probabilmente, avrebbero il diritto di conoscere la verità sui numeri della finanza pubblica: mentre si ha un Governo che nel giro di un mese presenta la “manovrina”come indispensabile sacrificio per evitare l’aumento dell’IVA, ma prima ancora che la stessa venga approvata, riannuncia che altri 20 miliardi di soli aumenti IVA “dovranno essere messi in preventivo” per il prossimo autunno.
Certamente, la gestione dei flussi della finanza pubblica è alquanto inverosimile: quindi, pare ovvio che sia lecito pretendere che chicchessia parli di quasi abolire una posta di bilancio statale sia poi obbligato a mostrare le entrate compensative e spiegarlo molto bene ai cittadini italiani. Invece, non si spiega nulla: si annuncia che si diminuiranno le apparecchiature da intrattenimento -togliendo quindi il lavoro a migliaia di risorse che il settore ludico era riuscito ad impiegare nonostante il periodo- e che di questa conseguenza nessuno parla o propone qualcosa di alternativo (?).
Evidentemente i lavoratori di questo comparto del gioco non sono come gli altri, sono ritenuti di serie B visto che la cancellazione del loro posto di lavoro non genera minimamente alcuna reazione, né preoccupazione, né alcun ammortizzatore sociale, né tanto meno altra misura che solitamente si predispone in situazioni che si concretizzano in altri settori!

I commenti del pubblico

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