L’adattamento di Aliens per Commodore 64, uscito l’anno dopo del film, era un titolo molto originale che si può dire abbia anticipato molti elementi degli sparatutto moderni. Non avendo a disposizione l’hardware necessario per offrire una telecamera in soggettiva decente, lo sviluppatore Electric Dreams usò un’inquadratura scorrevole in 2D per darci lo stesso punto di vista dei celebri marine spaziali.
Come all’inizio della pellicola si guidava un plotone di soldati all’interno della colonia infestata dagli xenomorfi, passando da un marine all’altro in maniera dinamica. Gli elementi originali erano parecchi, a cominciare dalla resistenza dei personaggi che poteva calare e richiedeva un certo periodo di riposo. Non venivano trascurati nemmeno gli alieni, in grado di sentire gli spari e correre in aiuto dei loro “fratelli”.
A frenare il successo del gioco ci furono due problemi: la ripetitività del gameplay e la grafica poco varia già per quell’epoca. Quasi tutte le stanze sembravano uguali e il dettaglio medio restava molto basso, senza contare che la parte davvero animata occupava solo una striscia dello schermo. Inoltre, si trattava sempre di perlustrare delle zone sparando e cambiando personaggio, senza molte variazioni sul tema.
Eppure l’atmosfera restava ai massimi livelli, anche grazie ai pochi effetti sonori che arrivavano nei momenti chiave. Sentire l’allarme del rilevatore di movimento in una stanza all’apparenza vuota bastava per farci saltare sulla sedia, e muovere nervosamente la visuale (alla ricerca del nostro bersaglio). Senza dubbio, il carattere oppressivo e cupo della pellicola originale era stato trasportato perfettamente su Commodore 64.
Fino al recente Alien Isolation, per quasi trent’anni non ci sono stati giochi di Alien che abbiano centrato lo stesso obiettivo: creare vero terrore in chi gioca. L’adattamento firmato Electric Dreams, da non confondere con quello americano di Activision, raggiunse tale scopo sfruttando una piattaforma limitata e senza il budget dei videogiochi moderni. Magari non era perfetto, ma resta un punto fermo nella storia, spesso deludente, dei tie-in.