Chris Butler è un nome famoso ancora oggi tra gli ex possessori di un Commodore 64 e il motivo é semplice: dimostrò a più riprese di dominare davvero l’hardware di questo computer. Con l’adattamento di Power Drift, titolo da sala giochi con specifiche molto più elevate, offrì un’altra prova di talento innegabile. Peccato che nemmeno l’originale in versione coin-op sia una delle migliori uscite sotto marchio Sega, ma questo è un altro discorso.
Era un gioco di guida sopra le righe simile alle montagne russe, dove i partecipanti si insultavano durante la gara mentre improbabili dune buggy scorazzavano su rampe e salti. A livello di struttura, a parte la grafica molto caratteristica, le gare non offrivano nulla di nuovo rispetto al passato. Per vincere dovevamo classificarci entro i primi tre e la scelta del pilota non cambiava nulla a livello di gameplay.
Activision e Butler riuscirono, comunque, a compiere il “miracolo” portando tutte le caratteristiche originali su una macchina molto meno potente. Ci riuscirono eliminando anche la necessità del multi-load: esatto, un solo caricamento bastava per avere tutto il gioco senza più alcuna interruzione. Ovviamente, questa scelta aveva portato alcune limitazioni, come il pesante riciclo degli elementi grafici e la mancanza di varietà.
Proprio la monotonia generale, e una difficoltà piuttosto bassa, erano gli unici problemi di un titolo che tecnicamente rimane notevole (viste le limitazioni del Commodore 64). C’erano molti oggetti su schermo, un’ottima colonna sonora e una discreta sensazione di velocità, oltre a comandi molto immediati. Peccato che le gare, come avveniva già nella versione da sala, fossero molto caotiche e basate quasi totalmente sulla fortuna.
Power Drift, come già detto, non è mai stato un classico nemmeno in sala pur avendo un certo seguito tra i fan dei giochi di guida arcade. Bello da vedere e molto simpatico nei protagonisti, risultatva fin troppo frenetico e indecifrabile a livello di grafica. La versione casalinga, per gli ovvi limiti del C64, era più “pulita” esteticamente ma altrettanto povera a livello di struttura. Essendo un’ottima conversione, insomma, aveva mantenuto anche i difetti dell’originale.