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Shenmue – Sega Dreamcast: un ritratto di un’opera che ha segnato un’epoca

La genesi di un progetto fuori scala
Quando nel dicembre 1999 Shenmue arrivò su Sega Dreamcast, pochi immaginavano che quel titolo ambizioso avrebbe lasciato un’impronta tanto duratura. Ideato e diretto da Yu Suzuki, autore di classici arcade come Hang-On, Out Run e Virtua Fighter, Shenmue propose un modo diverso di intendere il videogioco. Ancora oggi, a oltre vent’anni di distanza, la sua eredità è visibile in molte produzioni open-world moderne. Non sorprende quindi che nel 2025 la BAFTA lo abbia premiato come il videogioco più influente di sempre, un riconoscimento che ha riacceso il dibattito sul suo valore storico.

Le origini di un’esperienza inedita
La storia dello sviluppo parte nel 1995, quando Suzuki decise di superare la tradizione arcade fatta di sessioni brevi e immediatamente gratificanti. Il primo prototipo, “The Old Man and the Peach Tree”, venne realizzato su Sega Saturn per sperimentare camera, combattimenti e dialoghi. L’anno successivo, il concept si trasformò in Virtua Fighter RPG, un gioco di ruolo tridimensionale ambientato nel mondo della celebre serie picchiaduro, con Akira Yuki come protagonista.

L’arrivo del Dreamcast, nel 1997, cambiò però radicalmente la direzione del progetto. I legami con Virtua Fighter vennero abbandonati e il gioco assunse un’identità propria. Il nome “Shenmue”, che in giapponese rimanda all’idea di “albero spirituale”, rifletteva bene l’intenzione di Suzuki: costruire un mondo credibile, in cui ogni dettaglio fosse curato con precisione. Per descrivere questa filosofia, venne coniato l’acronimo FREE (Full Reactive Eyes Entertainment), pensato per esprimere l’ampio margine di interazione lasciato al giocatore.

Il lavoro di sviluppo richiese risorse imponenti. Il team AM2 arrivò a impegnare oltre 200 persone, pari a circa il 30% dell’intera forza lavoro dello studio. Furono progettate più di 1.200 stanze e location, spesso con l’aiuto di interior designer, e vennero realizzati oltre 300 personaggi, ognuno con nome, routine e personalità. Non mancavano cameo ispirati ai dipendenti Sega, modellati anche attraverso sculture in argilla per facilitare le animazioni.

Il budget, all’epoca, fece notizia. Si parlò inizialmente di 70 milioni di dollari, anche se Suzuki, nel 2011, suggerì una cifra più vicina ai 47 milioni includendo marketing e parte dello sviluppo del secondo capitolo. Qualunque fosse il dato preciso, Shenmue divenne il videogioco più costoso mai realizzato fino a quel momento.

Un mondo credibile e vivo
Il cuore dell’innovazione di Shenmue era la sua capacità di ricreare un ambiente coerente e pulsante. La Yokosuka del 1986, ricostruita con cura maniacale, cambiava volto in base all’ora e al meteo. Il ciclo giorno-notte, insieme alle condizioni atmosferiche variabili, era gestito dal sistema “Magic Weather”, che si basava anche su dati climatici reali.

Gli abitanti seguivano routine quotidiane: i negozi aprivano e chiudevano a orari precisi, gli autobus rispettavano una tabella, e le persone si comportavano in modo differente a seconda del clima o dell’ora. Quando pioveva, i passanti cercavano riparo; di sera, le strade si svuotavano e i locali notturni si animavano. Era un livello di dettaglio che, all’epoca, nessun altro gioco riusciva a offrire.

L’interazione con l’ambiente era altrettanto sorprendente. Ryo Hazuki poteva aprire cassetti, osservare oggetti, frugare negli angoli delle case. Non tutto era interattivo, ma la quantità di elementi manipolabili contribuiva a dare consistenza al mondo. Anche il denaro aveva un peso: ogni giorno Ryo riceveva una piccola somma da spendere in cibo, lotterie, audiocassette o capsule giocattolo, alimentando una piccola economia interna.

Il sistema FREE e la nascita dei Quick Time Events
Il sistema di gioco FREE combinava generi diversi: avventura, simulazione, RPG e combattimento. Gran parte dell’esperienza consisteva nell’esplorare l’ambiente in terza persona, parlare con gli abitanti e seguire indizi per ricostruire quanto accaduto al padre di Ryo.

Un ruolo importante lo ebbero i Quick Time Events, termine coniato da Suzuki ispirandosi al gioco Simon. Durante sequenze a forte impatto visivo comparivano comandi da premere rapidamente: schivare oggetti, evitare imboscate, completare inseguimenti. Il risultato o il fallimento modificavano la scena in tempo reale, mantenendo alta la tensione.

Il combattimento, derivato da Virtua Fighter, offriva un sistema tecnico ricco, basato sulle arti marziali del Bajiquan. Ryo poteva allenarsi da solo o con Fuku-san, migliorando progressivamente le sue tecniche. L’evoluzione delle mosse contribuiva a dare al protagonista un percorso di crescita credibile.

Una storia di vendetta e ricerca personale
La trama iniziava in una giornata di novembre del 1986. Ryo assistiva impotente alla morte del padre Iwao, ucciso da Lan Di, misterioso maestro cinese. Ferito e sconvolto, il ragazzo iniziava un’indagine che lo avrebbe portato a scoprire i segreti della famiglia Hazuki e il significato degli specchi della Fenice e del Dragone.

Il ritmo narrativo era intenzionalmente lento. Shenmue non inseguiva l’azione continua: mostrava la quotidianità, chiedeva al giocatore di aspettare l’orario di apertura dei negozi, di tornare a casa la sera, di lavorare al porto guidando il muletto. Una scelta che divise il pubblico, ma che contribuì a creare un legame particolare tra il giocatore e il mondo di Ryo.

Minigiochi e attività secondarie
L’avventura era costellata di minigiochi e distrazioni opzionali. Nel locale arcade si poteva giocare alle versioni integrali di Space Harrier e Hang-On, oltre che a freccette, braccio di ferro, gare con il muletto e giochi dedicati ai QTE. Le capsule giocattolo, acquistabili dai distributori sparsi per la città, divennero presto uno degli elementi più iconici, grazie alle loro piccole collezioni dedicate a Sonic, robot, animali e altri personaggi Sega.

Un’eredità che attraversa generazioni
Nonostante le vendite — circa 1,2 milioni di copie — non bastassero a recuperare l’investimento, Shenmue divenne un titolo di culto. La sua influenza è evidente in molte produzioni successive: dai sistemi di routine degli NPC di The Elder Scrolls, all’attenzione per la vita quotidiana della serie Yakuza, fino al livello di immersione dei grandi open-world contemporanei.

Yakuza, in particolare, è spesso considerato il suo erede spirituale. Il creatore Toshihiro Nagoshi ha citato più volte Shenmue come fonte d’ispirazione, e le somiglianze sono evidenti: esplorazione urbana dettagliata, minigiochi, equilibrio tra dramma e leggerezza.

Anche dal punto di vista narrativo, Shenmue mostrò come fosse possibile coniugare racconto cinematografico e interazione, creando una relazione più profonda tra giocatore e ambiente. I QTE, pur diventati oggetto di discussione negli anni, in Shenmue erano integrati con logica e naturalezza.

Shenmue oggi: un’esperienza ancora valida?
Osservato con gli occhi di oggi, Shenmue rivela inevitabilmente i limiti del tempo: controlli rigidi, ritmo lento, alcune soluzioni di design ormai superate. Eppure, giocarci oggi significa entrare in una sorta di museo vivente del videogioco moderno, scoprire da dove arrivano tante idee ormai consolidate.

Il remaster del 2018, pubblicato su PlayStation 4, Xbox One, PC e Nintendo Switch, ha reso il titolo più accessibile, pur conservandone lo spirito originale. Per chi ha vissuto l’epoca Dreamcast, Shenmue resta una memoria preziosa: un simbolo della volontà di Sega di sperimentare, e del potenziale inespresso di una console che chiuse troppo presto il suo ciclo vitale.

Il futuro della serie
Dopo Shenmue II, uscito nel 2001 su Dreamcast in Giappone ed Europa e nel 2002 su Xbox, la saga rimase in sospeso per anni. Nel 2015, all’E3 di Sony, Suzuki annunciò una campagna Kickstarter per finanziare Shenmue III, che superò l’obiettivo iniziale in poche ore e si concluse con 6,3 milioni di dollari raccolti.

Il terzo capitolo, pubblicato nel 2019, divise critica e pubblico. Rimasto fedele alla formula originale, apparve a molti anacronistico, ma per i fan storici fu comunque un ritorno atteso. La storia non è però conclusa, e l’interesse per un ipotetico quarto capitolo resta vivo.

Un’opera che continua a far discutere
Shenmue non è solo un videogioco, ma la testimonianza di un’idea: che un videogioco possa ospitare mondi vivi, storie dilatate e progetti che puntano più in alto del semplice intrattenimento. Il suo insuccesso commerciale non ne intacca il valore storico; anzi, lo rende ancora più affascinante come esempio di ambizione fuori dagli schemi.

Per chi ama il retrogaming, Shenmue rappresenta una tappa obbligata. È un modo per comprendere come si siano evolute le avventure open-world e da quali intuizioni siano nati alcuni dei capisaldi del videogioco moderno. Non è un titolo immediato, né privo di asperità, ma offre qualcosa che pochi altri giochi riescono a trasmettere: la sensazione autentica di entrare in un pezzo di storia del medium, camminando per le stesse strade che hanno ispirato una generazione di sviluppatori.
Ed è forse questa, ancora oggi, la sua qualità più preziosa.

I commenti del pubblico

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